22 febbraio 2013

IL SOGNO DELLE DUE COLONNE



Il 22 febbraio per il calendario della Chiesa cattolica rappresenta il giorno della festa della Cattedra di San Pietro.
Si tratta della ricorrenza in cui viene messa in modo particolare al centro la memoria della peculiare missione affidata da Gesù a Pietro. 

In realtà la storia ci ha tramandato l'esistenza di due cattedre dell'Apostolo: prima del suo viaggio e del suo martirio a Roma, la sede del magistero di Pietro fu infatti identificata in Antiochia. 

E la liturgia celebrava questi due momenti con due date diverse: il 18 gennaio (Roma) e il 22 febbraio (Antiochia).

La riforma del calendario le ha unificate nell'unica festa di oggi.
Essa - viene spiegato nel Messale Romano - "con il simbolo della cattedra pone in rilievo la missione di maestro e di pastore conferita da Cristo a Pietro, da lui costituito, nella sua persona e in quella dei successori, principio e fondamento visibile dell'unità della Chiesa".  

(Avvenire)



Nel giorno in cui la Chiesa prega per il Santo Padre e particolarmente nelle circostanze attuali, in cui con maggiore fiducia invochiamo la protezione di Maria Santissima su Papa Benedetto XVI e al contempo invochiamo l'aiuto materno della nostra Mamma Celeste per il futuro Pontefice, ripropongo il famoso "sogno delle due colonne" di don Bosco.

E' una lettura che può veramente farci andare avanti nella convinzione che, come anche il Santo Padre ci ha detto prima della catechesi del 13 febbraio, "La Chiesa è di Cristo" e "Lui ci guiderà".

Un sentito grazie di tutto cuore al nostro amato Papa, con un ricordo speciale nella preghiera.

Affidiamo il Santo Padre, quello attuale ed il suo successore, anche alla protezione di un santo profondamente innamorato di lui: Don Bosco, che affidava ai suoi salesiani "tre amori", ossia Gesù Eucaristia, Maria Ausiliatrice e il Papa.

Il sogno delle due colonne ebbe così tanta diffusione che ne fu realizzato un quadro, anzi...ne vennero dipinte varie riproduzioni, tanto che è facile trovarne uno in quasi tutte le Chiese/case salesiane.











Il Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un’ancora della colonna su cui sta l’Ostia, e con un’altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un’altra ancora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.

Don Bosco, lo raccontò la sera del 30 maggio 1862.

«Figuratevi — disse — di essere con me sulla spiaggia del mare, o meglio sopra uno scoglio isolato, e di non vedere attorno a voi altro che mare.
In tutta quella vasta superficie di acque si vede una moltitudine innumerevole di navi ordinate a battaglia, con le prore terminate a rostro di ferro acuto a mo’ di strale.
Queste navi sono armate di cannoni e cariche di fucili, di armi di ogni genere, di materie incendiarie e anche di libri.
Esse si avanzano contro una nave molto più grande e alta di tutte, tentando di urtarla con il rostro, di incendiarla e di farle ogni guasto possibile. 

A quella maestosa nave, arredata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle che da lei ricevono ordini ed eseguiscono evoluzioni per difendersi dalla flotta avversaria.
Ma il vento è loro contrario e il mare agitato sembra favorire i nemici. 
In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco distanti l’una dall’altra.
Sopra di una vi è la statua della Vergine Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa iscrizione: “Auxilium Christianorum”; sull’altra, che è molto più alta e grossa, sta un’OSTIA di grandezza proporzionata alla colonna, e sotto un altro cartello con le parole: “Salus Credentium”. 

Il comandante supremo della grande nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e il mal partito nel quale si trovano i suoi fedeli, convoca intorno a sé i piloti delle navi secondarie per tenere consiglio e decidere sul da farsi.
Tutti i piloti salgono e si adunano intorno al Papa. Tengono consesso, ma infuriando sempre più la tempesta, sono rimandati a governare le proprie navi. 
Fattasi un po’ di bonaccia, il Papa raduna intorno a sé i piloti per la seconda volta, mentre la nave capitana segue il suo corso.
Ma la burrasca ritorna spaventosa. 

Il Papa sta al timone e tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene.

Le navi nemiche tentano di assalirla e farla sommergere: le une con gli scritti, con i libri, con materie incendiarie, che cercano di gettare a bordo; le altre con i cannoni, con i fucili, con i rostri. Il combattimento si fa sempre più accanito; ma inutili riescono i loro sforzi: la grande nave procede sicura e franca nel suo cammino.
Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta nei suoi fianchi larga e profonda fessura, ma subito spira un soffio dalle due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano. 

Frattanto i cannoni degli assalitori scoppiano, i fucili e ogni altra arma si spezzano, molte navi si sconquassano e si sprofondano nel mare.
Allora i nemici, furibondi, prendono a combattere ad armi corte: con le mani, con i pugni e con le bestemmie. 

A un tratto il Papa, colpito gravemente, cade.
Subito è soccorso, ma cade una seconda volta e muore. Un grido di vittoria e di gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. 

Sennonché, appena morto il Papa, un altro Papa sottentra al suo posto.
I piloti radunati lo hanno eletto così rapidamente che la notizia della morte del Papa giunge con la notizia della elezione del suo successore.

Gli avversari cominciano a perdersi di coraggio. 

Il nuovo Papa, superando ogni ostacolo, guida la nave in mezzo alle due colonne, quindi con una catenella che pende dalla prora la lega a un’ancora della colonna su cui sta l’Ostia, e con un’altra catenella che pende a poppa la lega dalla parte opposta a un’altra ancora che pende dalla colonna su cui è collocata la Vergine Immacolata.
Allora succede un gran rivolgimento: tutte le navi nemiche fuggono, si disperdono, si urtano, si fracassano a vicenda.
Le une si affondano e cercano di affondare le altre, mentre le navi che hanno combattuto valorosamente con il Papa, vengono anch’esse a legarsi alle due colonne.
Nel mare ora regna una grande calma». 


A questo punto Don Bosco interroga Don Rua:

— Che cosa pensi di questo sogno?

Don Rua risponde: 

Mi pare che la nave del Papa sia la Chiesa, le navi gli uomini, il mare il mondo.
Quelli che difendono la grande nave sono i buoni, affezionati alla Chiesa; gli altri, i suoi nemici che la combattono con ogni sorta di armi.
Le due colonne di salvezza mi sembra che siano la devozione a Maria SS. e al SS. Sacramento del l’Eucaristia. 

Hai detto bene — commenta Don Bosco —; bisogna soltanto correggere una espressione. Le navi dei nemici sono le persecuzioni.
Si preparano gravissimi travagli per la Chiesa.
Quello che finora fu, è quasi nulla rispetto a quello che deve accadere. Due soli mezzi restano per salvarsi fra tanto scompiglio: Devozione a Maria SS., frequente Comunione. 




Il servo di Dio Card. Schuster, arcivescovo di Milano, dava tanta importanza a questa visione, che nel 1953, quando fu a Torino come Legato Pontificio al Congresso Eucaristico Nazionale, la notte sul 13 settembre, durante il solenne pontificale di chiusura, sulla Piazza Vittorio, gremita di popolo, diede a questo sogno una parte rilevante della sua Omelia.


Disse tra l’altro: «In quest’ora solenne, nell’Eucaristica Torino del Cottolengo e di Don Bosco, mi torna in mente una visione profetica che il Fondatore del Tempio di Maria Ausiliatrice narrò ai suoi nel maggio del 1862.
Gli sembrò di vedere la flotta della Chiesa battuta qua e là dai flutti di una orribile tempesta; tanto che, ad un certo momento, il supremo condottiero della nave capitana — Pio IX — convocò a consiglio i gerarchi delle navi minori. 
Purtroppo la bufera, che mugghiava sempre più minacciosa, interruppe a mezzo il Concilio Vaticano (è da notare che Don Bosco annunciava questi eventi otto anni prima che avvenissero).
Nelle alterne vicende di quegli anni, per ben due volte gli stessi Supremi Gerarchi soccombettero al travaglio. Quando successe il terzo, in mezzo all’oceano furente cominciarono ad emergere due colonne, in cima alle quali trionfavano i simboli dell’Eucaristia e della Vergine Immacolata. 
A quella apparizione il nuovo Pontefice — il Beato Pio X — prese animo e con una salda catena, agganciò la nave Capitana di Pietro a quei due solidi pilastri, calando in mare le ancore. 
Allora i navigli minori cominciarono a vogare strenuamente per raccogliersi attorno alla nave del Papa, e così scamparono dal naufragio.
La storia confermò la profezia del Veggente. Gli inizi pontificali di Pio X con l’ancora sullo stemma araldico coincisero appunto con il cinquantesimo anno giubilare della proclamazione dogmatica della Concezione Immacolata di Maria, e venne festeggiata in tutto l’orbe cattolico.
Tutti noi vecchi ricordiamo l’8 dicembre 1904, in cui il Pontefice in San Pietro circondò la fronte del l’Immacolata d’una preziosa corona di gemme, consacrando alla Madre tutta intera la famiglia che Gesù Crocifisso le aveva commesso. 

Il condurre i pargoli innocenti e gli infermi alla Mensa Eucaristica entrò parimenti a far parte del programma del generoso Pontefice, che voleva restaurare in Cristo tutto quanto l’orbe. Fu così che, finché visse Pio X, non ci fu guerra, ed Egli meritò il titolo di pacifico Pontefice dell’Eucaristia.

Da quel tempo le condizioni internazionali non sono davvero migliorate; così che l’esperienza di tre quarti di secolo ci conferma che la nave del Pescatore sul mare in burrasca può sperare salvezza solo con l’agganciarsi alle due colonne dell’Eucaristia e dell'Ausiliatrice, apparse in sogno a Don Bosco » (da L’Italia del 13 settembre 1953).


Lo stesso santo Card. Schuster, un giorno disse a un Salesiano:

« Ho visto riprodotta la visione delle due colonne.
Dica ai suoi Superiori che la facciano riprodurre in stampe e cartoline, e la diffondano in tutto il mondo cattolico, perché questa visione di Don Bosco è di grande attualità: la Chiesa e il popolo cristiano si salveranno con queste due devozioni: l’Eucaristia e Maria, Aiuto dei Cristiani».

16 febbraio 2013

DON BOSCO, SANTO MARIANO, SANTO INNAMORATO DI MARIA IMMACOLATA E AUSILIATRICE



Dal libro di Virgilio Noè, "Come l'hanno amata! Profili di Santi mariani" (edizioni Messaggero, Padova ):



1. «Tutte le benedizioni da quella prima Ave Maria»

Tutta la vita di don Bosco presenta una prospettiva mariana così singolare, da potervi leggere distintamente la presenza e l'influsso di Maria.

Sarà facile constatare che la presenza di Maria va dall'infanzia di Giovanni Bosco fino all'ultimo istante della sua vita, quando morendo, il 31 gennaio 1888, lasciava come suo testamento la raccomandazione: «Dite ai ragazzi che li aspetto tutti in paradiso.
Siano devoti dell'eucaristia e della Madonna...».

 Giovanni Bosco aveva imparato l'amore a Maria alla scuola della sua mamma, Margherita Occhiena.

La devozione della madre alla Madonna influì non poco sul figlio.
Margherita era piena di ricordi degli avvenimenti succedutisi nei primi anni del suo matrimonio (1812-1815).  
Pio VII di ritorno da Fontainebleau aveva sostato a Savona per incoronare la Madonna della Misericordia; Pio VII era stato a Torino il 19 maggio 1815 e aveva fatto l'ostensione della sacra Sindone. Giovanni Bosco sarebbe nato il 16 agosto successivo.
Maria e il Papa riempirono del loro amore il cuore della mamma e del figlio.

Nella sua vita don Bosco accentuerà quelle forme di devozione mariana, incontrate nei luoghi, in cui si era formato al sacerdozio, e dove svolse il suo ministero sacerdotale.
E così ha la devozione per la Madonna del Castello di Castelnuovo d'Asti, per la Madonna delle Grazie in Chieri, per la Consolata in Torino.
Diventato sacerdote nel 1841, le preferenze di don Bosco si portano sulla devozione all'Immacolata Concezione.
Sono gli anni in cui un forte movimento opera perché si arrivi alla definizione del dogma dell'Immacolata.

Inoltre, per una serie di coincidenze, alcuni fatti della vita e dell'apostolato di don Bosco sono legati al nome e alla celebrazione dell'Immacolata.

L'opera dell'oratorio ha il suo primo timido inizio l'8 dicembre 1841, festa dell'Immacolata Concezione, quando nella chiesa di S. Francesco d'Assisi in Torino, don Bosco si incontra nella sagrestia con Bartolomeo Garelli, e dopo la messa inizia ad insegnargli il catechismo.
L'introduzione a quell'apostolato fu un'Ave Maria, della cui efficacia don Bosco stesso dirà ai suoi salesiani, a distanza di quarantacinque anni:
«Tutte le benedizioni piovuteci dal cielo sono frutto di quella prima Ave Maria detta con fervore e con retta intenzione».
L'Immacolata è stata sempre per don Bosco la Madonna delle origini dell'oratorio, colei che ha favorito lo sviluppo dell'opera, e l'ideale sublime di purezza a cui educatori e giovani avrebbero dovuto ispirarsi.

Passati alcuni anni, si dovette constatare che non si era affievolito l'ideale, che don Bosco aveva visto attuato nella Immacolata.
All'inizio del 1856 nell'oratorio nasce la compagnia della Immacolata, il cui spirito era condensato in un articolo dello statuto, che suonava così: «Una sincera, filiale, illimitata fiducia in Maria, una tenerezza singolare verso di lei, una devozione costante ci renderanno superiori ad ogni ostacolo, tenaci nelle risoluzioni, rigidi verso noi stessi; amorevoli col prossimo ed esatti in tutto».
Il frutto più bello, maturato in questo ambiente, fu Domenico Savio, che andò in paradiso dopo soli nove mesi dall'inaugurazione della compagnia, e fu riconosciuto santo dalla Chiesa il 12 giugno 1954, nel corso del primo anno mariano.

La Madonna entrò ancora più profondamente nella vita di don Bosco, nello stesso anno 1856, quando mamma Margherita se ne andò in cielo.
Il posto di questa mamma nella vita di don Bosco non era stato piccolo. Pertanto il vuoto che don Bosco avvertì alla morte di lei non lo si poteva misurare.
Egli non poteva consolarsi né per sé, né per quei ragazzi dell'oratorio a cui mamma Margherita attendeva.






2. Maria «Auxilium Christianorum»


 Ma fra il 1858 e il 1863 c'è qualcosa di nuovo nella vita di don Bosco.

La devozione alla Vergine Immacolata diviene devozione verso l'Immacolata Ausiliatrice. L'abbinamento dei due titoli non era nuovo. 


Pio IX l'aveva fatto nella bolla Ineffabilis Deus di proclamazione del dogma della Immacolata. Vi qualificava Maria come «Rifugio sicurissimo e fedelissimo Aiuto di tutti i pericolanti, potentissima Mediatrice e Conciliatrice di tutto il mondo presso il suo Figlio e splendidissimo decoro e ornamento della santa Chiesa e fermissimo suo presidio.. ».


L'Immacolata diveniva l'Ausiliatrice di don Bosco e della sua opera, in seguito a un sogno da lui avuto nel maggio 1862 e che raccontò ai suoi ragazzi.

Aveva visto i nemici di Dio ingaggiare una lotta contro la Chiesa e il papa, sotto forma di una gigantesca battaglia navale.
La nave della Chiesa però viaggiava sicura fra le tempeste e i proiettili scagliati dalle navi nemiche, e riusciva a trovare salvezza presso due colonne, che si alzavano miracolosamente dal mare. La prima colonna era sormontata da una grande ostia, la seconda da una statua dell'Immacolata, con la scritta Auxilium christianorum.
Il sogno delle «due colonne» illuminava don Bosco sulla missione che l'Immacolata avrebbe compiuto a favore della Chiesa, quale aiuto del popolo cristiano, in tempi che avrebbero conosciuto le lotte alla religione cattolica e al papato.
In seguito a tutto questo, don Bosco insisterà sulla devozione a Maria Ausiliatrice, in cui onore inizia e completa, negli 1865-1870, la costruzione del santuario a Valdocco.
Sarà questo il titolo.
Negli ultimi vent'anni della sua vita egli amerà questo titolo di Maria in modo speciale, e lo vorrà invocato dai suoi come segno del suo attaccamento alla Chiesa romana e al papa e come mezzo di salvezza in un tempo in cui si voleva rubare la fede al cuore della gente.
Diceva don Bosco a don Giovanni Cagliero: «i tempi divengono talmente difficili che noi abbiamo un vero bisogno che Maria ci aiuti a conservare e a difendere la fede cristiana».
L'apostolato e la devozione di don Bosco verso Maria «Auxilium christianorum» fecero sì che presto si incominciasse a parlare dell'Ausiliatrice, come della Madonna di don Bosco.

Storicamente, l'invocazione esisteva già dal 1571.
Dopo che il pericolo dei turchi incombente sulla cristianità venne scongiurato a Lepanto, Pio V volle che ne fosse perpetuato il ricordo anche con l'invocazione Auxilium christianorum, inserita nelle litanie lauretane.
Pio VII istituì la festa nel 1815, a ricordo della sua liberazione dalla prigionia di Fontainebleau, e del suo ritorno a Roma il 24 maggio 1814.
Don Bosco fece leva sul sentimento diffuso da sempre in mezzo al popolo cristiano, ma affiorante specialmente al suo tempo: era più che mai necessario invocare l'aiuto potente di Maria contro gli avversari della Chiesa, che la colpivano nel capo e nelle membra.

Per tutto questo don Bosco ha propagato ovunque questa devozione, e l'ha affidata come eredità a tutti coloro, che avessero partecipato in qualsiasi maniera, alla sua famiglia.

Già nel 1867, volle che la giaculatoria Maria, Auxilium christianorum facesse parte delle preghiere da recitarsi prima e dopo lo studio e la scuola.
Due anni prima, nel 1865, aveva iniziato la costruzione della chiesa che doveva essere la reggia di Maria Ausiliatrice.
La vicenda della costruzione è una storia piena di fede, perché ogni pietra racconta di una misericordia, di un miracolo. Don Bosco stesso diceva molto semplicemente: «Non sono io l'autore di queste grandi cose. Il buon Dio e la Madonna hanno voluto servirsi di un povero prete per compiere tutto... Ogni pietra, ogni ornamento sono il segno di una delle sue grazie».

Oggi lo spazio architettonico della basilica di Maria Ausiliatrice è dominato dal quadro, che raffigura l'Ausiliatrice.
Don Bosco ne diede l'ispirazione al pittore Lorenzone.

Questo il contenuto del quadro: Maria occupa il centro della composizione.
In piedi su un trono costituito da nubi luminose, è incoronata di corona regale ed è circonfusa della luce dello Spirito Santo.
Su un braccio regge Gesù, motivo della sua potenza, mentre con l'altra mano protende verso i fedeli lo scettro, simbolo della stessa potenza. 
Angeli volano nella parte superiore del quadro, mentre apostoli e evangelisti, distribuiti nei primi piani del quadro, guardano alla loro Regina, le presentano i simboli che li contraddistinguono e ricordano, a chi sosta dinanzi all'immagine, che essi furono i primi ad avere Maria come Ausiliatrice nell'opera della loro formazione e del loro apostolato.
Il quadro del Lorenzone si completa nella parte inferiore con la raffigurazione della basilica torinese.
Collocata ai piedi di Maria essa fa quasi da trono alla sua maternità potente e misericordiosa e sta a dire il cuore di don Bosco, e a ripetere il suo monito di fiducia: «Maria vuoi aiutare e custodire tutto ciò che il suo divin Figlio ad essa ha affidato».

Il quadro ispirato da don Bosco è la sintesi della storia dell'Ausiliatrice, dai primi tempi della Chiesa a cento anni or sono.
Oggi l'immagine è divenuta il modello iconografico definitivo di Maria Ausiliatrice.


La Basilica di Maria Ausiliatrice fondata da Don Bosco a Torino-Valdocco



3. «Continu
o e mirabile è l'aiuto di Maria»


L'influsso della Vergine nella vita di don Bosco lo si vede particolarmente nelle congregazioni da lui fondate: dei salesiani e delle figlie di Maria Ausiliatrice.
Quando don Bosco ne parlava, diceva: «La Santissima Vergine è la fondatrice e lei sarà il sostegno delle nostre opere».  

Quanto alle Figlie, se è vero che don Bosco le voleva come monumento perpetuo di riconoscenza alla Madonna Ausiliatrice, non si sbagliò: il primo «grazie» concreto fu suor Maria Domenica Mazzarello, fondatrice delle Figlie e santa riconosciuta del paradiso.

In fondo, ciò che voleva don Bosco era che nella sua casa si respirasse devozione alla Madonna, come una essenziale componente della formazione, per coloro che avevano scelto di vivervi.

Maria doveva essere la guida di tutti.
A nove anni a lui era stata fatta in sogno una promessa: «Io ti darò la Maestra. Sotto la sua guida potrai diventare sapiente».
La Maestra c'era: si trattava di essere discepoli diligenti e volenterosi alla sua scuola.

Alla promessa che domina la vita di don Bosco, dai nove anni in poi, si deve collegare la raccomandazione - testamento che egli lasciava ai suoi fin dal settembre 1884: «La Santa Vergine continuerà a proteggerci... se noi continuiamo a avere fiducia in lei e a promuoverne il culto...».
Così don Bosco si è intonato con il programma mariano, che aveva caratterizzato il suo secolo. Lo ha vissuto con il fervore di un santo, lo ha irradiato con l'entusiasmo di un apostolo.

15 febbraio 2013

MARIA AUSILIATRICE E DON BOSCO: un articolo di don Mario Scudu, sdb



               MARIA AUSILIATRICE e DON BOSCO:  UN DUO INSCINDIBILE                 


Nella variegata agiografia della Chiesa Cattolica non c’è un santo (o santa) che sia diventato tale senza un riferimento esplicito a Maria di Nazaret.
E non può essere altrimenti.

Don Bosco in preghiera davanti ad una
statuetta di Maria Ausiliatrice

Se la nostra salvezza ci è stata sì data attraverso la santissima umanità del Cristo, come diceva Santa Teresa d’Avila, la sua incarnazione cioè il suo concreto prendere una carne passibile e mortale come la nostra è stato possibile solo attraverso Maria, la Madre di Gesù. Ricordiamo il famoso “nato da donna” (ai Galati ) di San Paolo.
In alcuni di questi santi, per molteplici fattori, la presenza di Maria è stata molto più accentuata che in altri.
Ricordiamo tra i tanti San Luigi Grignon de Monfort, San Massimiliano Kolbe.

E San Giovanni Bosco.

Nella vita di Don Bosco questa presenza è stata continua.
Sua madre stessa, Mamma Margherita, nel 1835, entrando in seminario, gli disse solennemente: “Quando sei venuto al mondo ti ho consacrato alla Beata Vergine.
Quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la devozione a questa nostra Madre. 
Ora ti raccomando di esserle tutto suo. Ama i compagni devoti di Maria.
E se diventi sacerdote, raccomanda e propaga sempre la devozione di Maria”. 
Come si vede un vero programma di vita spirituale tenendo presente la Madonna.

Maria intervenne nella vita di Don Bosco non solo attraverso Margherita, ma direttamente lei stessa.
E non solo una volta.
Ricordiamo il programmatico sogno dei 9 anni. Maria si presenta non solo come la sua maestra, la sua guida ma anche come “datrice di lavoro” in favore dei giovani... che Lei chiamerà nel sogno “i miei figli”.

Altra svolta decisiva.
Altro sogno nel 1844.
Maria gli fa “vedere” una grande chiesa sempre a Valdocco.
Sogno profetico... perché Don Bosco non aveva niente, era ancora alla ricerca di una sede stabile per i suoi ragazzi (arriverà nel 1846 con la Casa Pinardi).

Fu nel 1864 che iniziò la costruzione della “grande chiesa” (ampliata poi nel 1934) intitolata naturalmente a Maria Ausiliatrice... per espresso desiderio della Madonna stessa che voleva essere invocata con quel titolo.
Lei stessa disse a Don Bosco nel “sogno-visione”: “Questa è la mia casa, di qui la mia gloria”.
Finita nel 1864 Don Bosco all’inaugurazione affermò che era stata la Madonna stessa a costruirsi la “sua chiesa” con tante grazie, quanti erano i suoi mattoni.
Dopo il monumento a Maria in mattoni del 1864, nel 1872 ci sarà la fondazione (insieme a S. Maria Domenica Mazzarello) delle Figlie di Maria Ausiliatrice, monumento vivente.

Quando Don Bosco fu proclamato santo, 1º aprile 1934, don Alberto Caviglia, insigne storico salesiano, scrisse sulla Rivista Maria Ausiliatrice: “Don Bosco è santo.
L’opera di Maria, l’Ausiliatrice, è compiuta ed è completa.
Al piccolo contadinello di nove anni di Murialdo, essa aveva rivelato la via, e per venti anni la Maestra datagli dal Figlio Divino l’aveva sostenuto per l’aspro cammino della vita...”. 

Questo per sottolineare la straordinaria presenza non solo operativa ma anche santificatrice di Maria.
E scriveva ancora: “E dove c’è l’uno dei nomi, naturalmente, spontaneamente, si nomina l’altro. E si dice: Madonna di Don Bosco”.

Insomma, un duo inscindibile, per la gloria di Dio.


Mario Scudu sdb

13 febbraio 2013

LA PALA DI MARIA AUSILIATRICE NELLA BASILICA DI TORINO




Dal sito "donboscoland" un articolo a cura di don Pierluigi Cameroni:



Pala di Maria Ausiliatrice nell'omonima Basilica di Torino.
Tommaso Lorenzone, 1868




La pala di Maria Ausiliatrice


Quando Don Bosco tenne la prima seduta col pittore Lorenzone, a cui commissionò la pala per la nuova chiesa di Maria Ausiliatrice, fece meravigliare coloro che erano presenti per la grandiosità delle sue idee.


L’Ausiliatrice a Palazzo Madama

Quando Don Bosco tenne la prima seduta col pittore Lorenzone, a cui commissionò la pala per la nuova chiesa di Maria Ausiliatrice, fece meravigliare coloro che erano presenti per la grandiosità delle sue idee.

Espresse il suo pensiero così: «In alto, Maria Santissima tra i Cori degli Angeli; intorno a lei, più vicini gli Apostoli, poi i cori dei Martiri, dei Profeti, delle Vergini, dei Confessori. In terra, gli emblemi delle grandi vittorie di Maria e i popoli delle varie parti del mondo in atto di alzar le mani verso di lei chiedendo aiuto». Parlava come d’uno spettacolo che avesse già visto.

Lorenzone lo ascoltava senza trar fiato e come Don Bosco ebbe finito: «E questo quadro dove metterlo?».
«Nella nuova chiesa!».
«E crede lei che ci starà?».
«E perché no?».
«E dove troverà la sala per dipingerlo?».
«Ciò sarà pensiero del pittore! ».
«E dove vuole che io trovi uno spazio adatto a questo suo quadro? Ci vorrebbe piazza Castello.
A meno che non voglia una miniatura da guardarsi col microscopio».

Tutti risero. Il pittore colle misure della mano, colle regole della proporzione, dimostrò il suo assunto.
Don Bosco fu un po’ spiacente, ma dovette convenire che il pittore aveva ragione. 

Quindi fu deciso che il dipinto avrebbe compreso solo la Madonna, gli Apostoli, gli Evangelisti e qualche angelo.

A piedi del quadro, sotto la gloria della Madonna, si porrebbe la casa dell’Oratorio.
Preso in affitto un altissimo salone del Palazzo Madama, il pittore si mise all’opera: il lavoro doveva durare circa tre anni.
«Un giorno, racconta un prete dell’Oratorio, io entravo nel suo studio per vedere il quadro. Era la prima volta che m’incontravo con Lorenzone.
Egli stava sulla scaletta dando le ultime pennellate al volto della sacra immagine.
Non si volse al rumore che io feci entrando, continuò il suo lavoro, di lì a poco scese e si mise ad osservare come fossero riusciti quei suoi ultimi tocchi.
Ad un tratto si accorse della mia presenza, mi afferrò per un braccio e mi condusse in un punto della luce del quadro e: – Osservi, mi disse, com’è bella! Non è opera mia, no; non sono io che dipingo; c’è un’altra mano che guida la mia.
Ella a quel che mi pare appartiene all’Oratorio.
Dica dunque a Don Bosco che il quadro riuscirà come desidera.

Era entusiasmato oltre ogni dire.
Quindi si rimise al lavoro».

Quando il quadro fu portato in chiesa e sollevato al suo posto, Lorenzone cadde in ginocchio, prorompendo in un dirotto pianto (Memorie Biografiche, IV, 4-5).
Descrizione fatta da don Bosco - “Ma il più glorioso monumento di questa chiesa è l'ancona ossia il gran dipinto che sovrasta all'altare maggiore in coro. Esso è parimenti lavoro del Lorenzone. 

La sua altezza è di oltre a sette metri per quattro.

Si presenta allo sguardo come una comparsa di Maria Ausiliatrice nel modo seguente: La Vergine campeggia in un mare di luce e di maestà, assisa sopra di un trono di nubi.
La copre un manto che è sostenuto da una schiera di Angeli, i quali facendole corona le porgono ossequio come loro Regina.
Colla destra tiene lo scettro che è simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nel santo Vangelo: Fecit mihi magna qui potens est.
Colui, Dio, che è potente, fece a me cose grandi.
Colla sinistra tiene il Bambino che ha le braccia aperte offerendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all'Augusta sua Genitrice.
In capo ha il diadema ossia corona con cui è proclamata Regina del cielo e della terra.
Da una parte superiore discende un raggio di luce celeste che dall'occhio di Dio va a posarsi sul capo di Maria.
In esso sono scritte le parole: virtus altissimi obumbrabit tibi: la virtù dell' Altissimo Iddio ti adombrerà cioè ti coprirà e ti fortificherà.
Dall'opposta parte superiore calano altri raggi dalla colomba, Spirito Santo, che vanno eziandio a posarsi sul capo di Maria con in mezzo le parole: Ave, gratia plena: Dio ti salvi, o Maria, tu sei plena di grazia.
Questo fu il saluto fatto a Maria dall'Arcangelo Gabriele quando a nome di Dio le annunziò che doveva diventar Madre del Salvatore. 

Più in basso sono i santi Apostoli e gli Evangelisti s. Luca, S. Marco in figura alquanto maggiore del naturale. Essi trasportati da dolce estasi quasi esclamando: Regina Apostolorum, ora pro nobis, rimirano attoniti la Santa Vergine che loro appare maestosa sopra le nubi.

Finalmente in fondo del dipinto avvi la città di Torino con altri divoti che ringraziano la S. Vergine dei benefizi ricevuti e la supplicano a continuare a mostrarsi madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita. In generale il lavoro è ben espresso, proporzionato, naturale; ma il pregio che non mai perderà è l'idea religiosa che genera una divota impressione nel cuore di chiunque la rimiri” (G. BOSCO, Maraviglie della Madre di Dio, invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, Torino 1868, pp. 127-128). 



Lettura della pala 

La fama di Tommaso Andrea Lorenzone (1824-1902) è legata soprattutto al quadro dell'Ausiliatrice, dominato dalla figura della Madonna che tiene in braccio il bambino.

Maria è mostrata in piedi e non seduta, come sovente la si vede rappresentata nei quadri quale Madre-Regina che porge il Bambino all'adorazione.
Il Lorenzone, infatti, fa un'altra scelta: Maria è in piedi, in posizione verticale.
Questa «dominante della verticalità», è un simbolo mariano relativo agli elementi messianici e celesti, riferibili all'Immacolata e alla Madre di Dio: luna, stella, aurora, trono, luogo alto e santo, torre di Davide.
La verticalità esprime così l'ascensione verso la sfera divina, in cui la creatura è consacrata a Dio.
Non per nulla, il capo di Maria viene esaltato con la corona.
Solo che nel nostro quadro abbiamo una doppia incoronazione: la corona di stelle e il diadema regale.
Le stelle indicano la vicinanza alla divinità, ed erano già usate nelle civiltà antiche, in Egitto e in Mesopotamia, proprio per il fascino misterioso che scaturisce da esse e per la grandiosa testimonianza che danno al loro Creatore, per la bellezza e per l'insondabile armonia dell'universo, inoltre, stanno anche ad indicare la saggezza e la perfezione (Dn 12,3).

Ma il riferimento più celebre alle stelle poste sopra il capo di una donna, lo troviamo nel libro dell'Apocalisse. «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle » (Ap 12,1).
Queste dodici stelle hanno alcune possibili interpretazioni.
Possono indicare le dodici tribù d'Israele o anche i dodici Apostoli, col significato della totalità dei redenti che fanno corona alla donna; oppure i dodici segni dello zodiaco, simbolo della perfezione del cosmo che ruota attorno alla donna. Nel nostro quadro le stelle hanno sei punte.
Questo è un attributo mariano, tratto dai sarcofagi dei primi secoli cristiani.
La stella a sei punte, già simbolo della casa di Davide da cui discende il Messia, ci riporta al mistero dell'Incarnazione anche perché costruita con due triangoli intersecati l'uno nell'altro: nell'antichità fu attribuita come simbolo a Maria, luogo d'incontro tra il Cielo e la Terra.
Anche se poco visibili, nell'immagine voluta da Don Bosco, le dodici stelle sono un particolare da non dimenticare, perché è quanto vi rimane dell'iconografia dell'Immacolata; in questo simbolo, il santo volle raccogliere probabilmente la spiritualità legata al dogma appena emanato che, oltre ad essere tipica del tempo, gli apparteneva profondamente.
Egli propose sempre sia la spiritualità dell'Ausiliatrice che quella dell'Immacolata, anche sovrapponendole. 

Altri segni presenti nel quadro sono la corona d'oro e lo scettro che indicano la sovranità.

La corona ha acquisito nei secoli un potenziale simbolico intenso, diventando, come attributo del sovrano, immagine del popolo intero e quindi tesoro per eccellenza.
C'erano diversi tipi di corone, tutte segno di dignità e prestigio.
Per quanto riguarda il gesto di incoronare Maria, pur trovando un suo archetipo biblico nell'incoronazione della regina Ester (Est 2,16-18), è soprattutto una tradizione cristiana dei primi secoli, legata al dogma di Maria Madre di Dio, dichiarato dal Concilio di Efeso del 431. Corona e scettro appartenevano al tipo mariano della «Basilissa», l'imperatrice d'Oriente, che fu rappresentata, però, dagli occidentali.
Maria è indicata come una regina adorna dei simboli del potere: è vestita sontuosamente, incoronata, scettrata, del tutto simile nell'abbigliamento e nei gioielli ad una sovrana del mondo.
A Roma, in Santa Maria Antiqua, nel 550, troviamo già un affresco dove gli arcangeli Michele e Gabriele porgono scettro e corona alla Madonna.
Non fu quindi nuova l'idea espressa dalle statue dei pinnacoli della Basilica di Valdocco, dove Gabriele, dalla guglia destra, porge alla Madonna della cupola una corona di alloro, mentre Michele, a sinistra, innalza verso di lei l'asta di cui sventola la bandiera della vittoria. Sia la corona di Maria che quella del Bambino sono sormontate al centro da una stella. 

Maria è la Stella Maris, la stella del mare che orienta i naviganti, in tal senso Maria è colei che guida al porto sicuro.

Riferita a Cristo, la stella significa divinità e compimento della salvezza perché Gesù è la «stella del mattino», l'astro che sorge da oriente portando la speranza di un giorno nuovo (Ap 22,16; 2 Pt 1,19).
Anche il bastone prezioso, lo scettro, è insegna regale di potere e di governo.
La simbologia del bastone legata al giudizio e all'investitura dei sovrani è vastissima e trasversale a diverse epoche e culture, ma si riferisce sempre ad un agire effettivo.
È lo strumento attraverso il quale ciò che viene deciso diventa operativo (Es 4,17-20). Questo senso attivo del segno, simbolo di chi compie un'opera, ha particolare significato nell'iconografia dell'Ausiliatrice, la quale si manifesta regina che opera concretamente per il suo popolo.
Nel quadro, dunque, non compare una Madonna estatica e fissa, ma piena di potenza, come Colei che sta per agire, e questo rientra perfettamente nella spiritualità di Don Bosco e nella sua percezione della Vergine come di madre che guida, protegge, addirittura combatte per i figli, accanto ai quali è presente in modo costante (PAOLA FARIOLI, dalla rivista "Maria Ausiliatrice", maggio 2003).
La collocazione di un riferimento topografico, in basso nella composizione, (in questo caso dell’edificio dell’oratorio) è un espediente caro al Lorenzone che lo userà pure nella pala di San Giuseppe.
Don Bosco circa la sua opera a Valdocco era “convinto di una investitura particolare di Dio a favore della redenzione della gioventù” (P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà, Roma 2003, p. 13).
Non più dunque gli “emblemi delle grandi vittorie di Maria e i popoli (…) in atto di alzar le mani”, ma l’Oratorio e con essa la moltitudine dei giovani assistiti, quasi a porre l’accento sul fatto che l’opera da lui iniziata era una vittoria di Maria e i giovani assistiti surrogavano “i popoli delle varie parti del mondo”. 


Lettura attualizzante

La tela dell'abside, con la bellissima immagine della Vergine, rappresenta tanto l'ecclesiologia come la mariologia di don Bosco: Maria è figura delle chiesa, madre e modello di essa, dove il volto della madre è uguale al volto del Figlio, e dove appare sostenuta da Pietro e Paolo, e circondata dagli apostoli ed evangelisti.
In una parola: una Chiesa apostolica e missionaria.
La Vergine di don Bosco è una Regina, sì, coronata di dodici stelle e vestita di sole, come la Donna-segno dell'Apocalisse, benché non schierata per abbattere i suoi nemici, bensì amorosa, provvidente, con le braccia aperte per donare e offrire suo Figlio.

Il Figlio, da parte sua, secondo le parole di don Bosco: "tiene le braccia aperte, offrendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi ricorre alla sua Augusta Madre".
La Vergine di don Bosco "è vestita di sole", piena di potere, perché immersa in quel mare di luce che è Dio, immersa nel mistero della Trinità, che illumina la sua persona e la sua missione.
Così è come la voleva don Bosco e così riuscì a rappresentarla nella tela del Lorenzone, che colmo di emozione esclamò: "Non sono io che dipingo. E' un'altra mano che guida la mia".

La Vergine di don Bosco è immagine della Chiesa, quella celeste che già celebra le nozze dell'Agnello, e quella terrestre che cammina in questo mondo, immersa pertanto nel mistero di Dio e avvolta nella sua luce, però presente nelle nostre vicissitudini storiche, attenta alle nostre necessità, presente e viva nelle nostre famiglie, come in tutte le case salesiane, idealmente rappresentate nella Chiesa di Valdocco, che appare nella parte inferiore del quadro.
E' qui la grande intuizione di don Bosco, che ha unito il titolo di Maria Ausiliatrice e Madre della Chiesa, collocando il ruolo proprio della Vergine nel cuore della missione della Chiesa, che protegge sotto il suo manto tutti i suoi fedeli, li nutre e li fa maturare fino alla pienezza della vita in Cristo.
Questo era ciò che don Bosco voleva offrire ai suoi ragazzi in un momento di profondi cambiamenti d'epoca, caratterizzati dalla nuova situazione sociale e politica, per il passaggio da una società agricola di tipo patriarcale a una nuova società, lanciata in un processo di industrializzazione, che trasformò gradualmente l'ordine sociale: la struttura familiare, il modo di procurarsi i mezzi per la vita, e nella quale, come sempre, i giovani erano quelli che maggiormente ne pagavano le conseguenze, rimanendo nella povertà ed esposti alla perdizione.
Oggi come ieri, oggi come ai tempi di don Bosco, i profondi cambiamenti sociali e culturali in corso stanno avendo un enorme impatto sulla struttura famigliare, sul tessuto sociale, sulla concezione della vita.
La Chiesa, e la Famiglia Salesiana in essa, è chiamata a proporre e ad offrire Gesù e il suo vangelo, come lo fa Maria.
Come don Bosco, noi membri della Famiglia Salesiana, rinnoviamo la nostra vocazione nella chiesa di "pastori dei giovani" con la missione di condurli a Cristo, l'unico che non delude le loro aspirazioni più profonde e appaga la loro fame e sete di vita, di felicità e di amore.
Nella realizzazione di questa missione non siamo soli. Maria ci è stata data come Aiuto potente contro il male nella lotta per la salvezza dei giovani. Ausiliatrice che cura con amore di madre tutti quelli che si incontrano attraversando questo mondo oscuro rappresentato ai suoi piedi 

(Pascual Chávez V., Città del Messico, 17 agosto 2007, V Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice).


Preghiera contemplando la pala di Maria Ausiliatrice

O Maria Ausiliatrice,
Tu, immersa nel mare di luce della Trinità ed assisa sopra un trono di nubi,
Tu, coronata di stelle come Regina del cielo e della terra,
Tu, sostieni il Bambino, il Figlio di Dio, che con le braccia aperte offre le sue grazie a chi viene a te.
Tu, circondata come da una corona umana da Pietro, da Paolo, dagli Apostoli e dagli Evangelisti, che ti proclamano loro Regina.
Tu, unisci il cielo e la terra,
Tu, Madre della Chiesa che sta già nella gloria celeste e della Chiesa pellegrina nel mondo,
rendici costruttori instancabili del Regno, riempici della passione del "Da mihi animas",
rendici segni dell'amore di Dio per i piccoli e i poveri,
proteggici dal nemico e nell'ora della morte guidaci alla gloria eterna.
Amen!

(Pascual Chávez – Rettor Maggiore)