A tutti l'augurio di una buona festa di Maria Ausiliatrice, Madre della nostra Famiglia Salesiana!
PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE COMPOSTA DA DON BOSCO
O Maria, Vergine potente,
Tu grande illustre presidio della Chiesa;
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani;
Tu terribile come esercito schierato a battaglia;
Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo;
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze
difendici dal nemico e nell'ora della morte
accogli l'anima nostra in Paradiso!
Amen
Un testo di Don Juan Vecchi,ex rettor Maggiore dei Salesiani, sull'opera di don Bosco e la Vergine Maria:
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Maria Ausiliatrice, Basilica del Sacro Cuore-Roma |
"La salvezza, portata da Cristo, si fece tangibile nell’incontro tra Don Bosco e Bartolomeo Garelli, il giorno dell’Immacolata.
Nella tradizione spirituale salesiana Maria è rimasta caratterizzata con due titoli: Immacolata e Ausiliatrice.
Così la invochiamo ogni giorno nella preghiera di affidamento.
Le Costituzioni Salesiane e delle FMA fanno, di ognuno di questi titoli, un commento sostanziale, per quanto breve: Immacolata, modello della nostra consacrazione totale al Signore e del nostro desiderio di santità; Ausiliatrice, segno e ispiratrice del nostro impegno pastorale nel popolo di Dio, particolarmente tra i giovani (cf SDB C 92; FMA C 44).
I due titoli non sono stati scelti ed accostati a caso, per pura simpatia o devozione.
Riflettono la storia salesiana e sintetizzano le caratteristiche della spiritualità della nostra Famiglia.
È vero che, al di sopra delle diverse rappresentazioni, guardiamo sempre alla persona di Maria, Madre di Gesù, della Chiesa, di ciascuno di noi.
Oggi nell’affrontare con fiducia gli avvenimenti del terzo millennio, vogliamo vivere la stessa esperienza fondante del nostro Padre sotto lo sguardo, l’ispirazione e la protezione della Madre del Verbo Incarnato.
L’Immacolata domina nell’esperienza oratoriana.
Alcune coincidenze provvidenziali portarono poi Don Bosco ad attribuire a lei un’intercessione particolare negli inizi della sua opera: “Tutte le nostre grandi iniziative – dirà – hanno avuto inizio il giorno dell’Immacolata” (MB XVII, pag. 510).
Il paradigma era l’oratorio, 8 dicembre 1841.
L’immagine che rappresenta Maria col serpente sotto i piedi gli ricordava il trionfo della grazia sulle passioni umane e la vittoria della fede sull’empietà nella storia del mondo.
Don Bosco la rende vivacemente presente tra i ragazzi di Torino.
Maria Mazzarello tra le ragazze di Mornese.
La preoccupazione dominante era allora educare i giovani del proprio contesto.
Tutto lo sforzo veniva rivolto a dare loro dignità umana e ad aprirli alla fede.
Il ragazzo/a doveva prendere coscienza di sé e della vita di grazia.
Si rendeva consapevole delle possibilità di vincere il male.
L’educatore-educatrice avevano per lui una cura paterno-materna. È il momento in cui nasce e si plasma il Sistema preventivo.
Nell’ambiente oratoriano c’è un fatto evidente: Maria è sentita da educatori e giovani come una presenza viva, materna, potente.
Questa presenza così sentita lasciò il segno nella pedagogia dell’Oratorio.
La celebrazione della solennità dell’Immacolata, con la relativa preparazione spirituale, divenne centrale (cf MB VII, pag. 334).
E continua ad esserlo ancora ai nostri giorni, dove esistono oratori-centri giovanili.
Nell’oratorio poi nacque la Compagnia dell’Immacolata, che corrisponde a quello che oggi chiamiamo il gruppo di giovani animatori.
Fu il seme e la prova della futura congregazione salesiana.
Nove su sedici membri della congregazione salesiana, che il 18 dicembre 1859 si radunarono con Don Bosco, erano membri della Compagnia dell’Immacolata (cf MB VI, 335).
In questa atmosfera mariana maturarono i temi più importanti dell’educazione dei giovani: la grazia, la purezza, la familiarità col soprannaturale, l’amore a Gesù, mentre per i salesiani e le salesiane si configurò il Sistema preventivo, come assistenza materna e cammino verso la santità, con una esigenza di generosa donazione a Dio e ai giovani.
Il frutto di questo ambiente è Domenico Savio.
Si sviluppò anche un insieme di intuizioni sul valore pedagogico della devozione a Maria. Dobbiamo contare sulla presenza materna e invisibile di Maria nel nostro lavoro.
Ella ama ciascuno, ma specialmente i giovani, perché li aiuta a crescere come ha fatto con Gesù. È una verità di fede cristiana, ma vissuta in una maniera non comune e trasferita all’esperienza educativa.
La presenza materna di Maria poi, sentita interiormente dai giovani, infonde in loro sicurezza e speranza per costruirsi come persone in un momento difficile e delicato della loro vita, a causa dell’instabilità, dello sviluppo corporale, della discussione della fede.
Maria Immacolata, come ideale di purezza, esercita un’attrazione sui giovani e dà loro il gusto e la voglia di impegnarsi in progetti nobili.
La pedagogia di Don Bosco ha una certa componente estetica.
Sin dall’inizio egli parlò della bellezza della virtù, della religione e della bruttezza del peccato.
“Al giovane assetato di luce, di innocenza, di bontà Don Bosco presenta Maria come un ideale di umanità, non inquinata dal peccato, come la concretizzazione dei suoi sogni più audaci.
Un ideale luminoso, non freddo né astratto, ma incarnato in una persona che lo ama intensamente perché è sua madre”(C. Colli, Patto della nostra alleanza con Dio, pag. 438). È l’aspetto psico-pedagogico.
Inoltre la devozione a Maria aiuta a familiarizzarsi con le realtà soprannaturali e a sentire Dio più vicino ed incarnato.
Lo si pensa in rapporto con una donna che viene presentata sempre come Madre e come Aiuto nostro.
È lo stimolo spirituale.
La catechesi oratoriana tendeva dunque a far accogliere ed interiorizzare questa immagine fino a farla penetrare nella vita dei giovani come una garanzia per la perseveranza futura.
A questo tendevano tridui, novene, fioretti, addobbi, pellegrinaggi, gite a luoghi mariani.
La tappa “oratoriana” per Don Bosco si estende fino all’organizzazione di Valdocco; per Madre Mazzarello a tutto il tempo delle Figlie dell’Immacolata fino alla fondazione dell’Istituto di vita consacrata.
Cresce poi la contemplazione dell’Ausiliatrice, con la visione universale della Chiesa e la concezione delle opere che ne costituiscono anche una esperienza definitiva.
La costruzione del tempio va al di là di un lavoro tecnico, di una sola preoccupazione, di piani e finanziamenti.
Rappresenta per Don Bosco un’esperienza spirituale e una maturazione della sua mentalità pastorale.
Don Bosco si trova attorno ai 45-50 anni, gli anni della sua maturità sacerdotale e della sua assodata proiezione sociale, con alcune opere già organizzate e altre appena iniziate. Alla fine della costruzione qualche cosa si è trasformato in Lui.
Per quali ragioni?
In primo luogo perché la realizzazione supera l’idea iniziale: da una chiesa per la sua casa, il suo quartiere e la sua congregazione, si sta profilando l’idea di una basilica, meta di pellegrinaggi, centro di culto e punto di riferimento per una famiglia spirituale. La realtà gli è cresciuta tra le mani.
I problemi economici poi si sono risolti con grazie e miracoli che stimolarono una generosità non calcolata del popolo.
Tutto ciò radicò in Don Bosco la convinzione che “Maria si era edificata la sua casa”, “che ogni mattone corrispondeva a una grazia” (cf MB IX, pag. 247; XVIII, pag. 338).
Affermò un sacerdote di quel tempo, il teologo Margotti: “Dicono che Don Bosco fa miracoli. Io non ci credo. Ma qui ne ebbe luogo uno che non posso negare: è questo sontuoso tempio che costa un milione e che è stato costruito in soli tre anni con le offerte dei fedeli” (Processo ordinario, I. pag. 511ss; La Madonna dei tempi difficili, pag. 118).
La costruzione coincide ed è seguita dalla fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Esse rappresentano l’allargamento del carisma al mondo femminile, col conseguente arricchimento; così come un’altra fondazione, l’Arciconfratenita di Maria Ausiliatrice è, insieme ai Cooperatori, l’estensione verso il mondo laico.
Se l’esperienza dell’oratorio aveva dato come risultato positivo la prassi pedagogica, l’opera del santuario fece emergere nel lavoro salesiano una visione di Chiesa, come popolo di Dio sparso su tutta la terra, in lotta contro le potenze del male: una prospettiva che presenterà in un’altra forma il sogno delle due colonne (1862), raffigurato oggi in un dipinto sulla parete di fondo del santuario.
Forgiò uno stile pastorale fatto di audacia e fiducia: saper cominciare con poco, osare molto quando si tratta del bene, andare avanti affidandosi al Signore. Scolpì una convinzione nel cuore della congregazione: “Propagate la devozione a Maria Ausiliatrice e vedrete che cosa sono i miracoli”... in tutti i campi, economici, sociali, pastorali, educativi.
Con la fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Don Bosco e, dopo di lui, i suoi successori e le superiore, parlarono di “un tempio vivo e spirituale”, di un “monumento di gratitudine” a Maria Ausiliatrice.
È interessante vedere cosa intendevano. “È la denominazione di una congregazione educativa, catechista e missionaria” – ha detto Madre Angela Vespa (Circolare del 24-10-1965; cf C. Colli, ib., pag. 455-456) – la denominazione di un Istituto nel quale Maria deve rivivere nelle sue Figlie in modo che la facciano presente in tutto il mondo” (Don Rinaldi: cf E. Ceria, Vita del servo di Dio..., pag. 294-295) e che ciascuna di loro sia una copia viva di Maria (Madre Luisa Vaschetti: Circolare del 24-4-1942; cf C. Colli, ibid. pag. 445).
Anche nel ramo femminile dunque il nome di Maria Ausiliatrice sottolinea il tratto apostolico, l’uscita dal villaggio e il servizio alla Chiesa e al mondo.
La fondazione delle congregazioni lasciò come risultato in Don Bosco il sentimento di essere strumento di un progetto ispirato e realizzato con una particolare mediazione di Maria: “La Madonna vuole che incominciamo una società... ci chiameremo salesiani”, dice il 26 gennaio 1854. Lo ribadirà spesso.
Come quando nel 1885, rivolgendosi ai salesiani radunati nel coro della Basilica di Maria Ausiliatrice, dopo aver descritto quello che era l’Oratorio quarantaquattro anni prima ed averne fatto il raffronto con il suo stato d’allora, sottolineò che “tutte le benedizioni piovuteci dal cielo per mezzo della Madonna fossero frutto di quella prima Ave Maria detta con fervore e con retta intenzione insieme con il giovinetto Bartolomeo Garelli là nella chiesa di s. Francesco d’Assisi” (MB XVII, pag. 510-511).
O ancora di più, quando durante la Santa Messa nella chiesa del Sacro Cuore a Roma, interrotta quindici volte dal pianto, ripensava alla sua vicenda e ricordava le parole del primo sogno: “A suo tempo tutto comprenderai” (MB XVIII, pag. 341).
Madre Mazzarello d’altronde soleva ripetere che l’Istituto non è altro che la famiglia della Madonna, il “focolare” che Lei si è formato.
Che Lei è la superiora e ha una vicaria che ogni notte mette le chiavi della casa ai suoi piedi.
Si può dunque accettare il giudizio: “Don Bosco ha sperimentato in modo del tutto singolare l’intervento di Maria nella guida di tutta la sua vita e nella realizzazione della sua opera.
Al tramonto della sua esistenza terrena,
dopo l’ennesimo intervento della Madre celeste,
Don Bosco condensa in questa espressione
la convinzione che ha maturato
durante tutto il corso della sua vita:
Finora abbiamo camminato nel certo.
Non possiamo errare.
È Maria che ci guida” .